Bike vs Cars

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La testimonianza di una crisi globale. Il clima, le risorse del Pianeta, le città in cui l’intera superficie è stata invasa e consumata dalle automobili. Un traffico caotico, in crescita continua, inquinamento dell’aria e acustico.

La bicicletta sarebbe un ottimo strumento per cambiare la situazione, ma i poteri che lucrano sul traffico privato investono ogni anno miliardi in azioni di lobbying e pubblicità per proteggere i loro affari. Tutto questo viene raccontato attraverso la voce di attivisti e pensatori che lottano per città migliori e che rifiutano di smettere di pedalare nonostante il crescente numero di ciclisti uccisi nel traffico.

Titolo tradotto
[Biciclette contro automobili]
Genere
Documentario
Paese
Svezia
Anno
2015
Durata
91'
Lingue
Svedese
Note di regia
Note di regia

A Malmö, dove sono nato e cresciuto, l’uso della bicicletta è una scelta naturale per muoversi da un posto all’altro e dunque, girando il mondo, mi sono sempre chiesto perché in generale di bici ce ne siano così poche. Se tutte le città seguissero, ad esempio, il modello di Copenaghen, dove il 40% della popolazione si sposta in bicicletta, si realizzerebbe un cambiamento radicale per il Pianeta, qualcosa di quantificabile in termini di salute, inquinamento, consumo di petrolio. Il movimento internazionale degli Urban Bikers si è posto alla testa di una provocazione pacifica e di una ricerca alternativa. Ogni ciclista esponeva sulla propria bici la scritta “una macchina in meno”, inviando un messaggio positivo in un’epoca alquanto deprimente.

Il film affronta vari aspetti, primo fra tutti quello della pianificazione urbana. Le biciclette sono il simbolo di una città a misura d’uomo dove prosperano le piccole imprese. L’auto, al contrario, privilegia i centri commerciali e le grandi infrastrutture.

Il film non parla di un conflitto tra automobilisti e ciclisti ma della pianificazione modellata sugli interessi delle lobby che hanno reso la gente sempre più dipendente dall’auto; gli automobilisti stessi ne sono le vittime e ne pagano il prezzo in termini di denaro e di tempo perso in ingorghi senza fine.

Nel documentario vengono mostrate diverse città e metropoli. Los Angeles è la madre di tutte le autostrade, il modello che è stato copiato negli anni dal mondo intero. Una volta aveva il miglior trasporto pubblico del globo e ora probabilmente il peggiore. È chiaro che non si tratta
di un passaggio naturale. San Paolo, invece, rappresenta le economie emergenti dove c’è una classe media consumatrice in crescita. Le vendite di auto sono in forte espansione e la frustrazione cresce. Un pendolare medio trascorre quotidianamente tre ore nel traffico. A Toronto è stato addirittura eletto un sindaco che voleva “fermare la guerra alle auto”. Il problema riguarda gran parte delle democrazie e rende il cambiamento molto complicato, anche laddove è ben chiaro che cambiare è necessario. E infine, Copenaghen nel film rappresenta l’utopia. Una città a misura d’uomo dove la bicicletta impera anche nel gelido inverno.

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