Robert J.
Flaherty
biography
Nacque a Iron Mountain, nel Michigan, il 16 febbraio 1884. Trascorse tutta l'infanzia tra i villaggi di minatori e la campagna. Per diversi anni visse in una comunità isolata senza neppure una scuola e imparò a convivere e a confrontarsi con le popolazioni indiane originarie di quei luoghi. Più tardi fu mandato a studiare in un Upper College in Canada, a Toronto, che funzionava secondo il sistema della scuola pubblica inglese, ma, in breve tempo, ritornò a casa, alle miniere e alla vita selvaggia. In un ultimo tentativo di istruirlo, i genitori gli fecero frequentare il Michigan College of Mines. Lì Flaherty incontrò Frances Hubbard, figlia di un noto geologo. I due condividevano la passione per l'avventura e si innamorarono in breve tempo. Dopo sette mesi Robert lasciò nuovamente la scuola e ritornò a casa a lavorare con il padre, esplorando i depositi minerari. In questa occasione imparò a tracciare mappe, ma, soprattutto, a viaggiare e a sopravvivere in paesi sconosciuti. In soli cinque anni partecipò a varie spedizioni minerarie e, tra un viaggio e l'altro, si fidanzò con Frances. Nel 1910, venne ingaggiato dal canadese William Mackenzie, costruttore di strade, per esplorare la costa orientale della baia dell'Hudson: un viaggio che l'avrebbe introdotto nella terra degli eschimesi. Tra il 1910 e il 1912 con due esplorazioni, perlustrò le isole della parte orientale della baia dell'Hudson. Spostandosi a piedi, usando la slitta e a volte la canoa, tracciò una mappa dell'intera regione, scattò fotografie e riuscì a conoscere le popolazioni locali. Mentre si preparava al suo terzo viaggio, nel 1913, Mackenzie gli suggerì di portare con sé una macchina da presa. La novità piacque moltissimo a Flaherty, che comprò una Bell and Howell e fece un corso di tre settimane di tecnica cinematografica. Durante la spedizione, filmò materiale per circa 17 ore di proiezione e, una volta tornato a Toronto, fece una stampa del girato; ma, inavvertitamente, lasciò cadere una sigaretta che bruciò il negativo di cui sopravvisse solo una piccola parte. Nel frattempo si sposò con Frances (1920) e, incoraggiato da lei, decise di realizzare un nuovo film. Si mise subito alla ricerca di finanziamenti per il suo progetto e li ottenne da John Revillon della Revillon Frères. A questo punto, ritornò nella baia dell'Hudson, dove realizzò Nanuk l'eschimese, che racconta la lotta per la sopravvivenza di questo popolo contro le rigidissime condizioni climatiche dell'Artico. Nonostante il film non fosse il primo documentario girato "in loco" e con attori nativi non professionisti, fu certamente la prima opera a richiamare su di sé l'attenzione del grande pubblico e della critica specializzata. Il regista “hollywoodiano” Rex Ingram l'apprezzo moltissimo: “Nanuk è uno dei film più vitali, drammatici e umani che siano mai passati sul grande schermo”. Questo successo aprì le porte a una nuova era del fare cinema, in cui si iniziava a dimostrare come il meno costoso genere documentario potesse dare agli studios gli stessi risultati di una fiction, in termini di box-office e di prestigio. L'industria hollywoodiana investiva ancora enormi capitali per girare film come Ben Hur e I 10 comandamenti, ma iniziava a rendersi conto che, con un decimo della spesa, avrebbe potuto realizzare, cosa che venne fatta e con successo, opere come Chang, The Silent Enemy e Simba. In questo senso, Nanuk suscitò nei registi, nei produttori e nei critici la curiosità per un nuovo genere cinematografico. Nel 1923, Jesse Lasky della Paramount offrì a Flaherty l'opportunità di fare un film in un posto di suo gradimento, prevedendo che questo, dovunque fosse stato realizzato, sarebbe stato un successo analogo a quello di Nanuk. Insieme a sua moglie Frances e alla famiglia, Robert partì per le isole Samoa e decise di fermarsi nel villaggio di Safune. Qui filmò le tradizioni locali proprio in un momento in cui i costumi della colonizzazione britannica iniziavano a stravolgerle, mettendo in atto così un processo di “occidentalizzazione” dell'isola. Da questo contrasto tra diverse culture, tra passato e presente, tradizioni e novità, nacque Moana, la storia di due innamorati in lotta contro le antiche leggi per l'affermazione della propria libertà. Anche se qualitativamente il risultato finale fu inferiore a quello di Nanuk o di altri lavori che realizzò in seguito, Moana ottenne un grandissimo successo, tanto che John Grierson utilizzò il termine “documentario” per la prima volta e in modo ufficiale, per definire quel tipo di film. Durante la fase di montaggio Flaherty ebbe i primi scontri della sua carriera con il mondo della produzione: la Paramount decise infatti di effettuare più di un taglio al materiale montato a causa dell'eccessiva durata. Dopo Moana, nel 1925 gli fu commissionato dall'attrice Maude Adams, per conto del Metropolitan Museum of Art, un cortometraggio: The Pottery Maker. Nello stesso anno iniziò anche uno studio impressionistico su Manhattan che intitolò 24 Dollar Island (terminato nel 1927). A questo punto Irving Thalberg, “ragazzo prodigio” della Metro Goldwyn Mayer, convinse Flaherty a realizzare un film ambientato nelle isole del Pacifico, un adattamento da White Shadows in the South Seas di Frederick O'Brien. L'andamento delle riprese, che ebbero luogo nell'isola di Tahiti, fu però condizionato dalle profonde differenze tra Flaherty e W.S. Van Dyke II, co-regista del film, tanto che il primo tolse il suo nome dai credits, una volta terminato il montaggio (ancora oggi White Shadows è considerato principalmente di W.S. Van Dyke II). Nel 1929, nel periodo della nascita del cinema sonoro, la Fox Film Corporation gli propose di realizzare un film sugli Indiani Acoma del New Mexico. Ma, ancora una volta, le difficoltà dovute ai compromessi con la produzione, lo costrinsero ad abbandonare il progetto. Fu a questo punto che Flaherty incontrò Murnau, famoso regista tedesco, da poco rifugiatosi negli Stati Uniti; ed è insieme a lui che decise di girare Tabù. Nella fase di lavorazione, però, non mancarono i conflitti tra i due, dovuti a differenze caratteriali e artistiche. Murnau prese il controllo quasi esclusivo del film, apportando all'originaria struttura documentaristica, quel tocco creativo e drammatico tipico del suo modo di fare cinema. Negli anni successivi Flaherty dichiarò a George Sadoul che la paternità di quel film era di Murnau. Dopo Tabú, scoraggiato e deluso, si vide arrivare la proposta di John Grierson, diventato capo dell'Empire Marketing Board Film Unit di Londra, di lavorare a quello che sarebbe diventato Industrial Britain. Flaherty si trasferì a Londra, dove incontrò Michael Balcon della British Gaumont, grazie al quale ebbe la possibilità di realizzare un film ambientato sulle coste occidentali irlandesi, precisamente nelle isole di Aran. Nacque così L'uomo di Aran, che raccontava le vicende di un gruppo di pescatori, il primo lavoro su cui Flaherty aveva il pieno controllo, dalla realizzazione di Nanuk. Il film fu un grande successo e rappresentò l'occasione per conoscere il produttore Alexander Korda, che gli affidò la regia di una storia basata sulla novella di Rudyard Kipling Elephant Boy. Il film, La danza degli elefanti, ambientato in India, si rivelò un disastro per il regista americano: come in ogni precedente contatto con le case di produzione ci furono problemi sulle idee e i modi di fare cinema. Alexander Korda, non fidandosi completamente del lavoro di Flaherty, gli affiancò una sua troupe e scelse di inserire anche attori di mestiere, laddove il metodo Flaherty consisteva nel lavoro con attori non professionisti. Per di più, durante la fase di montaggio, fece aggiungere il sonoro e altre scene che vennero girate dal fratello Zoltan. La danza degli elefanti si trasformò così in un melodramma, lontano anni luce dagli intenti etnografici di Flaherty e fu concepito soprattutto come lancio per una star nascente: il piccolo protagonista Sabu. Due anni dopo (1939), Pare Lorentz, allora capo dell'U.S. Film Service, invitó negli Stati Uniti un Flaherty deluso e sull'orlo della bancarotta, per la realizzazione di The Land, film di propaganda sull'industria agricola americana. Ovviamente, incapace di fare un lavoro che promuovesse l'ottimismo del New Deal, Flaherty concentrò la propria attenzione sui disagi e le contraddizioni del popolo americano. Il film fu realizzato velocemente e altrettanto velocemente fu ritirato dalla distribuzione. Nel 1948, con il finanziamento della Standard Oil, Flaherty esplorò i popoli delle paludi della Louisiana. Nacque Louisiana Story, la vicenda di un ragazzino circondato dagli animali, film che fu un vero riscatto per il suo cinema dopo anni di opere non proprio riuscite. Il film vinse il Premio Speciale alla Mostra del Cinema di Venezia, per la “lirica bellezza”. Fu l'ultimo lavoro di Flaherty: il regista morì nel 1951, il 23 luglio. Le sue ceneri furono cosparse sulla sua amata Black Mountain, nel Vermont.