Petit Paysan
Diretto da
Pierre è un giovane allevatore di mucche da latte, legato anima e corpo alla sua terra. L’amore per il suo lavoro rappresenta il pendolo della vita del ragazzo, scandita dal rapporto conflittuale con la sorella, veterinaria incaricata al controllo sanitario della regione. Ma il futuro dell’azienda familiare è messo in pericolo quando un’epidemia vaccina si diffonde in Francia, finendo per colpire una delle trenta mucche della fattoria. Pierre sarà trascinato in un vortice di colpe e speranze, spingendosi sino ai limiti estremi della legalità pur di salvare i suoi amati animali.
La crisi della mucca pazza lasciò un’impressione indelebile su di me, decisiva per la realizzazione di questo film. Ho il ricordo vivido di un servizio in tv: nessuno capiva cosa stesse accadendo. Gli animali morivano e mia madre diceva che se fosse successo anche a noi si sarebbe uccisa. Come Pierre, i fattori chiamano spesso il loro veterinario, poiché hanno bisogno di essere rassicurati. E la mucca pazza era una malattia inusuale che gli stessi veterinari non sapevano gestire, creando vere e proprie reazioni paranoiche negli allevatori.
Il film è stato girato nella fattoria dei miei genitori. Il personaggio di Pierre reagisce e parla in modo diverso da me, ma di certo conduce la vita che avrei vissuto io se non avessi deciso di scegliere un’altra strada. Conosco bene quella intima connessione che lo unisce agli animali e il rapporto che ha con i suoi familiari.
Volevo che il film fosse realistico e allo stesso tempo mi interessava indagare gli aspetti psicologici più nascosti. Attraverso la scrittura, le fotografia e il montaggio siamo passati dal naturalismo a una vena più thriller, giocando con i codici del genere. Perciò il film comincia con un’atmosfera calda e solare per poi immergersi in una luce più artificiale. Inoltre ho scelto di mischiare attori professionisti con gente comune. Mi piace lavorare in questo modo per creare un’atmosfera di verità, ho persino coinvolto i miei genitori come attori e poi alcuni parenti che hanno insegnato al protagonista tutti i segreti dell’autentico allevatore. È complicato girare un film con questi animali, una vacca è come un bambino di cinque anni, tranne che pesa 900 chili e non va a scuola. Ci vogliono dieci minuti per mungerne una, quindi non potevamo tenerle legate per venti minuti con quel caldo, avrebbero sofferto troppo. Gli attori sono più tolleranti, sanno bene perché sono lì, mentre gli animali non lo hanno chiesto e il rispetto nei loro confronti era di primaria importanza per me.
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