Monsters & Co.

In Monsters & Co. l’ambientazione scelta e il microcosmo dei suoi personaggi crea un universo impiegatizio molto più familiare agli adulti che ai bimbi anche nella sua rappresentazione, semplificata ma non meno realistica. Se da un lato il bambino si confronta con mostri immaginari, gli adulti affrontano invece quelli che sono i mostri della vita di tutti i giorni, spogliando i propri demoni di giacca e cravatta e vestendoli di artigli, peli ispidi o squame. Vale la pena di menzionare anche il simbolo della “soglia” che si nasconde dietro alle porte, una suggestione che il miglior Cinema ha sempre corteggiato come limite tra realtà e fantasia o, per meglio dire, tra realtà e pellicola. Già vent’anni fa, dunque, Pete Docter e Pixar consolidavano una libertà espressiva inedita per l’animazione statunitense, alla ricerca di un pubblico più ampio, di una voce che rispettasse la sensibilità di diverse età e culture. Un aspetto che Toy Story sembrava già raccontare nell’ansia dei bambini che, una volta grandi, avrebbero abbandonato i loro giochi. L’ansia che in Monsters & Co. si fa simbolo della stessa perdita della fantasia che tutti affrontiamo quando le porte per i mondi costruiti nell’infanzia crollano per sempre.

(da “Birdmen”)