The Great Green Wall
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Nella vasta fascia dell’Africa sub-sahariana, dove gli effetti della crisi climatica aggravano ulteriormente una situazione di per sé già critica, si sta realizzando uno degli sforzi più ambiziosi dell’umanità: la creazione del Grande Muro Verde. Si tratta della più estesa struttura organica del pianeta, destinata, al suo completamento previsto per il 2030, a superare per dimensioni la Grande Barriera Corallina australiana. Attraverso lo sguardo della famosa cantante e attivista maliana Inna Modja, siamo condotti in un viaggio visivamente e musicalmente sbalorditivo. In uno scenario di gravi conflitti e carestie, i benefici del progetto si fanno sempre più concreti, testimoniando la storia di un fiorente movimento panafricano che porta speranza a milioni di persone.
Approfondimento
A proposito di The Great Green Wall
Il Great Green Wall for the Sahara and the Sahel Initiative (GGWSSI) non è un vero e proprio “muro di alberi”, come la sua denominazione potrebbe lasciar pensare. È, di fatto, un mosaico di interventi agricoli su scala locale che intende far fronte a un problema comune: la desertificazione del territorio del Sahel e la conseguente degradazione ambientale che ne deriva. Ogni Paese, dunque, ha la libertà di intraprendere i percorsi che ritiene più idonei per la salvaguardia del proprio territorio e delle proprie comunità, ideando e implementando dei progetti che si inseriscano nell’ambito dell’iniziativa.
Allo stato attuale, il Senegal è il Paese che ha contribuito maggiormente al raggiungimento dell’obiettivo GGWSSI. La sua azione non si limita solo alla riforestazione delle terre degradate, ma cerca di promuovere le conoscenze e le competenze adeguate per una gestione sostenibile delle terre e lo sviluppo economico che ne deriva. Infatti, vengono favorite delle specie vegetali che si possono adattare in maniera specifica al clima della regione saheliana e che, allo stesso tempo, siano utili alle popolazioni locali, come ad esempio l’acacia o le palme da dattero.
Un altro esempio positivo si può trovare in Niger, dove, oltre alle pratiche di coltivazione e orticoltura di prodotti agricoli utili per l’alimentazione o il commercio, è diventata consuetudine la pratica a basso costo della “naturale rigenerazione della terra”. La vegetazione che si è degradata durante i periodi di siccità viene ripristinata attraverso processi di rivitalizzazione e irrigazione delle radici. Così facendo, alberi e arbusti hanno la possibilità di riprendersi autonomamente tornando a svolgere la loro funzione. Questo metodo ha permesso di ripristinare cinque milioni di ettari di vegetazione e di favorire la sicurezza alimentare dell’area. In Niger, come in Burkina Faso e in Mali, anche la FAO collabora al progetto, supportando le comunità locali nella scelta delle colture e delle pratiche più adeguate alle condizioni locali. Malgrado la complessità dell’impresa, significativa è la creazione di nuovi posti di lavoro e un conseguente aumento delle entrate economiche nelle famiglie che contribuiscono alla lotta alla povertà e alla sicurezza alimentare.
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